È una ferita sottile, ma potente.

Si forma spesso nell’infanzia, quando il nostro valore veniva misurato in base a quanto eravamo “bravi”, ordinati, silenziosi, controllati, quando le emozioni non erano accolte, ma giudicate.

Quando si premiava solo la performance… e non la presenza.

Col tempo, impariamo che per essere amati dobbiamo essere impeccabili, che non possiamo sbagliare, che non possiamo mostrare fragilità.

E così nasce una corazza fatta di autocontrollo, perfezionismo, rigidità.

Ma sotto quella corazza… c’è un bambino che ha solo bisogno di essere accolto. Così com’è.

Le emozioni associate più comuni sono:

Frustrazione e rabbia quando non riesci a rispettare standard altissimi

Senso di inferiorità camuffato da autosufficienza

Stanchezza profonda per il bisogno costante di “dover fare bene”

Vergogna per le proprie vulnerabilità

Difficoltà a rilassarsi o lasciarsi andare

Questa ferita si mostra in due modalità:

Passiva: Ti metti in secondo piano, cercando di fare sempre tutto “come si deve”. Ti neghi il piacere, la leggerezza, il riposo. Cerchi approvazione attraverso il dovere.

Attiva: Diventi iper-esigente con te stessa/o e con gli altri. Critichi, analizzi, cerchi l’ordine a tutti i costi. Tendi a non tollerare l’imperfezione, perché ti mette a disagio.

Dietro entrambe le modalità, c’è un messaggio antico: “Solo se sei perfetto, meriti amore.”

Ma non è così. È solo una vecchia equazione che oggi puoi cambiare. Amarti anche nell’imperfezione… è l’ atto più giusto che puoi fare.