È una ferita profonda e viscerale, che si radica spesso nei primi legami significativi della nostra vita: quando un adulto ha detto “ci sarò” … ma poi non c’è stato.

Quando ci è stato promesso qualcosa – affetto, presenza, protezione – e quella promessa è stata infranta.
Quando ci siamo sentiti traditi, abbandonati, messi da parte… proprio da chi avrebbe dovuto esserci.

Da quel momento, impariamo una lezione silenziosa ma incisiva: “Fidarsi è pericoloso.”

Così, cominciamo a costruire strategie per non soffrire più:
– teniamo tutto sotto controllo
– evitiamo di affidarci davvero
– diventiamo iperindipendenti o, al contrario, gelosi, sospettosi
– iniziamo a dominare, a gestire tutto… per non essere mai più vulnerabili

Dietro questi comportamenti, c’è un cuore che ha amato troppo… e che ora si difende con forza. Ma quella corazza, col tempo, diventa una prigione e il dolore del passato continua a condizionare le relazioni di oggi.

Le emozioni associate più comuni sono:

Rabbia trattenuta
Tensione nel corpo, nella voce, nei gesti

Senso di “dover fare da soli”, per non essere delusi

Paura di essere manipolati o ingannati

Incapacità di delegare, bisogno di avere sempre il controllo

Gelosia, bisogno di “tenere d’occhio” gli altri per sentirsi al sicuro

Questa ferita si mostra in due modalità:

Passiva: Attrai persone che ti deludono. Ti leghi profondamente, ma poi cadi nella sfiducia. Vivi alti e bassi, speranza e disillusione. Non riesci a rilassarti, perché aspetti sempre “la delusione finale”.

Attiva: Vuoi decidere tutto, avere tutto sotto controllo. Tendi a dominare le situazioni. Non ti fidi davvero. E anche se ami, tieni sempre una distanza invisibile.

Dietro entrambe le modalità, c’è la stessa ferita non vista: Un dolore antico che dice: “Non posso fidarmi. Se mi apro, verrò ferita. Meglio proteggermi.”

Ma quella voce non è la verità. È solo una parte di te che ha sofferto. Una parte che, ora, chiede di essere riconosciuta, accolta, liberata.